Accade spesso quando si va ad una cena di assaggiare vini nuovi, ma scoprire un vino prodotto a pochi km da casa propria è ovviamente più bello. Qualche mese fa un ristoratore mi propone un bicchiere di rosso fatto da un suo amico nelle vicinanze del locale. Incredibile penso e subito dopo mi chiedo come fosse possibile non averne mai sentito parlare prima, visto e considerato che non è una zona che si caratterizza per la produzione vinicola. Comunque l’etichetta in questione era un Pinot Nero 2005 e l’azienda la Macea di Borgo a Mozzano. Il caso aveva voluto che in quell’occasione fosse presente anche il produttore, Cipriano Barsanti detto “Cipo”, e la serata si era trasformata in una piacevole conversazione/degustazione fino a tarda notte. Mi ero promesso di passare in cantina per conoscere meglio la realtà e gli altri prodotti. A causa di un susseguirsi di impegni ho dovuto rimandare più volte, poi finalmente sono riuscito a organizzare una visita in un Sabato pomeriggio tipicamente autunnale. Dopo alcuni giorni di abbondanti piogge un pò di sole fa capolino al mio arrivo, ma la strada sterrata di accesso alla proprietà è stata seriamente danneggiata dalle intemperie. Questa conduce prima alla struttura agrituristica in cui sono stati ricavate alcuni appartamenti, poi prosegue verso l’abitazione di famiglia dove è posta anche la cantina. Nell’attesa del passaggio di Cipriano con il suo fuoristrada scatto qualche foto al cru dell’azienda, chiamato semplicemente il colletto, dalla pendenza importante e dalla forma che ricorda alcuni storici vigneti italiani ed esteri (tipo il Monfalletto per citarne uno a caso..). E’ la casa del Pinot Nero con i filari posti a girapoggio su terrazzamenti ricavati per vincere i ripidi versanti. Arriva Cipriano e salendo verso la casa mi indica gli altri vigneti: sono presenti numerose altre varietà come Sangiovese, Merlot, Pinot Grigio, Sauvignon Blanc, Trebbiano, Malvasia e Moscato tra i più conosciuti, ma anche vitigni non propriamente convenzionali come Montanina, Bracciola, Tanè, Ciliegiolo, per le “rosse” e Uva Francesa per le bacche bianche. In vigna si lavora dal 2003 in biodinamico e dal 2010 è stata ottenuta la certificazione biologica. Arrivati in cima alla collina troviamo la casa su due piani, mentre l’accesso alla cantina posto davanti a noi, vi entriamo e rimango stupito dalle dimensioni della stessa. E’ una piccola stanza quella dove prendono vita i vini, a conferma che non servono spazi enormi e attrezzature fantascientifiche per produrre qualità. Si comprende da subito la filosofia, fondata su semplici tecniche per ottenere il massimo risultato dalle uve. Questa piccola realtà, seppur nata ufficialmente meno di 20 anni fa, ha di fatto una lunga storia alle spalle: era infatti il compianto papà Mauro che oltre alla passione per l’arte – amava dipingere e dai suoi quadri provengono i disegni riportati sulle etichette – aveva coltivato queste terre e trasmesso ai figli l’amore per la viticoltura, divenuto poi in un mestiere sul finire degli anni ’90 quando Ciiriano appunto, il fratello Antonio e la sorella Ilaria, decidono di trasformare la piccola produzione di famiglia in attività commerciale. Oggi nonostante le circa 5.000 bottiglie prodotte c’è una notevole richiesta nel Nord Europa, riuscendo ad arrivare sulle tavole di prestigiosi ristoranti come il celebre Noma di Copenhagen. L’annata 2015 è stata eccezionale e la conferma arriva dai campioni di botte che, nonostante la vendemmia sia roba di pochi giorni prima, presenta vini che sembrano già pronti da bere. Tra gli assaggi che più mi hanno colpito segnalo il Merlot del 2012, veramente in ottima forma e pronto per essere imbottigliato, stando ai bianchi, come il Sauvignon ad esempio, subiscono una breve macerazione sulle bucce e sostano in legni “gentili” prima di passare in bottiglia. I vini hanno tutti una propria identità territoriale ma credo che il pinot nero sia veramente a casa sua, dimostrando una capacità di raccontare il vitigno e il territorio sempre tangibile nei profumi di ribes, ciliegia, viole, ma in particolare nelle sensazioni più animali e “terrose”, seppur in toni diversi a seconda dell’annata.Terminate le prove di botte passiamo nel piano seminterrato dove è posta la piccola barricaia che presenta delle condizioni spontaneamente adatte al riposo dei vini, ed è doveroso dire che le barriques sono concepite puramente come contenitori da maturazione, essendo tutte con svariati passaggi, quindi non più in condizioni di influenzare i vini dal punto di vista aromatico. Uscendo Cipriano afferra una delle ultime bottiglie di Pinot Nero 2012 rimaste in stoccaggio e ci spostiamo in casa per l’assaggio. Camino acceso e atmosfera giusta per accompagnare il vino e concludere la visita, con un po’ di chiacchere di vita da vignaiolo, perchè lui in fondo nè è la perfetta espressione.
Alla prossima!!!