Un’etichetta che rimane impressa grazie alla figura di un’ominide a braccia alzate (un’antico contadino che attende la “rivelazione”) affissa ad una boccia che devo ammettere non è stata facile da reperire, vista anche l’esigua produzione. Il suo creatore Vincenzo Tommasi ha viaggiato spesso in Borgogna affascinato da figure come Henri Jayer, per scoprire tutti i segreti sul Pinot Nero, vitigno che nel Casentino è presente da tempo immemore, ma che negli anni aveva rischiato di finire nel dimenticatoio. Il succo dei viaggi oltralpe si è materializzato in 2,5 ettari di vigna posti a 500 mt di quota, suddivisi in 5 parcelle ad altissima densità vinificate singolarmente e poi assemblate in cemento, dopo una sosta di 12 mesi in legni piccoli esausti.
Rosso rubino di buona compattezza che degrada al porpora inclinando il bicchiere verso la trasparenza. Naso che spinge aromi di ribes, lampone, noce moscata, ginepro, cotognata, peonia e rosa, infine sullo sfondo grafite. In bocca evidenzia corpo mentre propone un tipico gioco varietale tra calore e freschezza, risultando di conseguenza scorrevole, elegante, con un tannino generoso ma non prevaricante e mi riporta alla mente le sensazioni che avevo già sentito al naso, di bacche rosse, melograno, fiori e spezie, con il sipario di bocca che chiude tostato.
Alla prossima!!!